28 novembre 2012

ENDOMETRIO


da http://www.esseredonnaonline.it/glossario/endometrio/

L’endometrio è il tessuto di rivestimento (mucosa) della cavità interna dell’utero. Durante ogni ciclo mestruale l’endometrio va incontro a modificazioni (vedi Ciclo uterino, figura sottostante) che possono essere suddivise in tre fasi principali: mestruale, proliferativa e secretiva.







La fase mestruale, in cui si verifica il flusso mestruale, dura mediamente da 1 a 5 giorni. In questa fase l’endometrio è formato da una parte basale stabile, non funzionale, ma ricca di recettori per gli ormoni estrogeni, e da una parte superficiale che si sfalda e viene eliminata grazie a fenomeni vasomotori e di contrazione della parete uterina. Insieme al sangue fuoriuscito dai piccoli vasi che si sono rotti, vengono eliminati anche lembi di mucosa. La mestruazione lascia un endometrio molto sottile e inattivo, costituito da corte ghiandole e pochi vasi.


La fase proliferativa in genere dura dal 6° al 14° giorno. È caratterizzata dalla rigenerazione e proliferazione dell’endometrio sotto l’influsso degli estrogeni: la porzione superficiale si ispessisce, le ghiandole si allungano e la vascolarizzazione si sviluppa (arterie spirali). Durante la proliferazione, l’endometrio aumenta approssimativamente di spessore da 0.5 mm a 3.5-5.0 mm. Nell’endometrio è sempre presente un grande numero di cellule di tipo immunitario, situate un po’ ovunque a protezione dell’intero tessuto. La fase proliferativa dell’endometrio è associata alla crescita del follicolo nell’ovaio e all’aumento della secrezione di estrogeni.


La fase secretiva (o luteinica) è regolata prevalentemente dal progesterone. In questa fase l’endometrio si prepara all’annidamento e diviene secretivo; le ghiandole si riempiono di zuccheri di riserva e di materiale nutritizio, la vascolarizzazione raggiunge il suo massimo sviluppo. Tra il 19° e il 21° giorno del ciclo, l’endometrio è pronto per l’eventuale annidamento di un ovulo fecondato. In assenza di fecondazione, i livelli di ormoni sessuali si riducono determinando la sintesi di prostaglandine, soprattutto PGF2 a, che provoca la mestruazione.

Isteroscopia diagnostica e operativa


Che cos'è

L'isteroscopia è una tecnica che permette di "vedere" all'interno della cavità uterina, attraverso uno strumento chiamato isteroscopio. Questo è un tubo rigido e sottile (diametro = 4-5 mm) dotato di fibre ottiche, attraverso le quali viaggia la luce, che viene introdotto all'interno dell'utero, attraverso la vagina. È possibile l'esecuzione di interventi chirurgici, utilizzando strumenti miniaturizzati, connessi all'isteroscopio.

Quando è indicata

L'isteroscopia diagnostica è indicata soprattutto in due casi: sanguinamento uterino anormale, soprattutto nel periodo perimenopausale, per evidenziarne la causa come iperplasia endometriale, polipo endometriale (vedi immagine a lato), mioma sottomucoso o carcinoma endometriale; infertilità, per la ricercarne la causa come aderenze intrauterine o malformazioni uterine.

Una biopsia dell'endometrio, in pratica un prelievo di una piccola parte di mucosa per l'esame istologico, è sempre indicata.

L'isteroscopia operatoria, invece, trova applicazione alla presenza di: aderenze intrauterine; malformazioni uterine, come il setto uterino; polipi endometriali; fibromi uterini sottomucosi; corpi estranei intrauterini, come la spirale il cui filamento sia risalito all'interno della cavità uterina; sanguinamenti uterini anomali resistenti alla terapia medica (in tal caso si esegue l'ablazione dell'endometrio).

Prima dell'esame

L'isteroscopia diagnostica richiede una preparazione semplice (digiuno dalla mezzanotte del giorno precedente l'intervento). L'esame si può eseguire senza anestesia. Nei casi di stenosi del canale cervicale è necessario ricorrere all'anestesia e alla dilatazione del canale cervicale stesso.

In caso di isteroscopia operatoria la preparazione richiede: digiuno dalla mezzanotte del giorno precedente l'intervento; clistere e tricotomia parziale. Il giorno dell'intervento si effettua la profilassi antibiotica e la paziente è invitata a svuotare la vescica. L'anestesia è necessaria. In tal caso, la paziente deve aver eseguito le seguenti indagini: esami ematochimici, elettrocardiogramma e radiografia del torace (se età > 50 anni).

Durante l'isteroscopia

L'isteroscopio viene introdotto, attraverso la vagina, nel canale cervicale fino ad arrivare alla cavità uterina, che viene distesa con un mezzo gassoso o liquido al fine di permetterne la visione: infatti, tale cavità è normalmente virtuale.

Nel caso di isteroscopia operatoria si possono introdurre strumenti miniaturizzati, come forbici o pinze, attraverso l'isteroscopio, oppure si utilizza il resettoscopio che permette di tagliare e coagulare mediante una sorgente di energia elettrica.

Al termine dell'intervento, l'isteroscopio è rimosso e il mezzo di distensione refluisce dalla cavità uterina che ritorna alle dimensioni iniziali. Non sono necessari punti di sutura o medicazioni.

L'isteroscopia diagnostica dura pochi minuti, mentre quella operativa anche 30-60 minuti, secondo la complessità dell'intervento.

Dopo l'isteroscopia

L'isteroscopia diagnostica non causa disturbi particolari e la paziente riprende rapidamente le proprie attività. In alcuni casi può avvertire un lieve indolenzimento dell'addome e in altri un lieve dolore alla spalla, dovuto al passaggio del gas attraverso le tube.

Dopo l'isteroscopia operatoria alcuni malesseri sono invece usuali, anche se scompaiono in pochi giorni. Può essere avvertito dolore alla spalla, alla schiena o all'addome, sempre da riferire al mezzo usato per distendere la cavità uterina.

Può manifestarsi fastidio alla deglutizione a causa dell'intubazione tracheale eseguita per facilitare la respirazione e una certa difficoltà alla concentrazione nelle ore successive all'intervento a causa dell'anestesia (le attività che richiedono una particolare concentrazione, come guidare l'automobile, vanno evitate per 48 ore). Per qualche giorno può persistere una piccola perdita di sangue dalla vagina. Tutto ciò non deve destare preoccupazione.

La degenza postoperatoria è limitata a 1-2 giorni. La sera dopo l'intervento la dieta è libera. La convalescenza domiciliare è breve; i rapporti sessuali possono essere ripresi regolarmente dopo 2-3-giorni.

Il trattamento successivo all'isteroscopia varia da paziente a paziente. In ogni caso, a distanza di un mese è richiesta una visita ginecologica, per valutare l'opportunità di trattamenti farmacologica o ulteriori interventi chirurgici.


Quando è controindicata

Le controindicazioni assolute all'esecuzione dell'isteroscopia sono: la presenza di una gravidanza in atto; la presenza di uno stato infiammatorio, poiché l'esame potrebbe diffondere del processo infiammatorio stesso all'interno dell'apparato genitale.


Quali possibili rischi

L'isteroscopia diagnostica è quasi priva di rischi, quella operativa invece comporta i seguenti rischi: nausea e vomito per effetto dell'anestesia; piccoli ematomi in sede d'iniezione endovenosa per l'anestetico; perforazione dell'utero possibile, ma infrequente; lesioni di organi addominali molto raramente; arresto cardiaco e/o edema polmonare, eventi rarissimi; sovraccarico cardio-circolatorio durante l'intervento può essere una complicanza collegata al liquido utilizzato per la distensione della cavità uterina, evento che può essere grave, ma raro (0,2% dei casi).


Quali vantaggi

L'isteroscopia presenta vantaggi indiscutibili, primo la visione diretta dell'interno della cavità uterina.

Quella operativa, inoltre, consente i seguenti vantaggi: non richiede l'apertura dell'addome e dell'utero, evento che riduce il trauma sugli organi pelvici e non lascia cicatrici interne o esterne; si riduce di conseguenza anche il rischio di infezioni dovute alla contaminazione con l'ambiente. Globalmente la ripresa delle normali attività lavorative e sociali è anticipata rispetto ai tempi richiesti dagli interventi chirurgici tradizionali.


Quali sono le alternative


Le alternative all'isteroscopia diagnostica sono: l'ecografia pelvica, meglio transvaginale, per la diagnosi di fibroma uterino sottomucoso, polipo endometriale, iperplasia endometriale; l'isterosalpingografia, per la diagnosi di aderenze uterine o fibromi sottomucosi che deformino la cavità intrauterina.

Le alternative all'isteroscopia operativa sono i classici interventi laparotomici con apertura della parete addominale, che comportano tempi di ricovero più lunghi e una maggiore morbilità post-operatoria.

CARIOTIPO


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Con il termine cariotipo si indica, in citogenetica, la costituzione del patrimonio cromosomico di una specie dal punto di vista morfologico.

Il cariotipo di una cellula eucariota è dato dal numero e dalla morfologia dei suoi cromosomi.
L'analisi del cariotipo è una rappresentazione ordinata del corredo cromosomico di un individuo.
I vari passi dello studio del cariotipo umano sono:
  1. Prelievo di sangue
  2. Centrifugazione per ottenere i globuli bianchi
  3. Stimolazione alla mitosi dei globuli bianchi mediante PHA
  4. Essi vengono bloccati nella metafase mitotica con la colchicina (una sostanza estratta dal Colchicum autumnale)
  5. Le cellule vengono fatte scoppiare immergendole in una soluzione tampone per lisi osmotica
  6. La piastra metafasica viene isolata
  7. I cromosomi vengono colorati col metodo del "banding" nella quale assumono una colorazione appunto per bande, o fasce colorate, tipiche.
  8. La piastra metafasica viene fotografata

I vari cromosomi vengono poi ritagliati e ordinati (i cromosomi omologhi vengono appaiati i cromosomi appartenenti alla stessa coppia hanno gli stessi bandeggi e il loro centromero è nella stessa posizione).
I cromosomi hanno una zona più ristretta dove c'è un granulo detto centromero e 2 braccia uguali o diverse. In base al posizionamento del centromero nel cromosoma si possono dividere in:
  1. Cromosomi acromocentrici o telocentrici
  2. Cromosomi submetacentrici
  3. Cromosomi metacentrici.

Nell'uomo e nella maggior parte degli animali il corredo cromosomico è diploide nelle cellule somatiche (cioè "del corpo"), ed è aploide nelle cellule germinali (cioè dei gameti: spermatozoi ed ovocellule).

Cariotipo umano

Utilizzando tecniche di coltura in vitro, fu stabilito nel 1956 da Joe Hin Tjio e Albert Levanche il numero cromosomico dell'uomo è di 46, cioè 23 coppie, di cui 22 coppie sono dette autosomi e la ventitreesima coppia è quella dei cosiddetti eterosomi o cromosomi sessuali. Nei precedenti trenta anni, in seguito alle indagini di Theophilus Painter del 1923, era prevalente l'ipotesi che il numero cromosomico umano fosse 48.

La prima definizione del cariotipo fu formulata alla Conferenza di Denver nel 1960, ed è basata su criteri di lunghezza del cromosoma e posizione del centromero. Le coppie quindi sono numerate in ordine decrescente di grandezza e gli eterosomi sono indicati come X e Y.
In seguito, nella Conferenza di Chicago del 1966 è stata messa a punto una nomenclatura più dettagliata, nella quale i cromosomi sono raggruppati in sette gruppi, nominati con le lettere maiuscole da A a G.

L'analisi del cariotipo può essere richiesta per diversi motivi:
  • donna con aborti spontanei ripetuti.
  • diagnosi di sterilità per anomalie di numero e strutturali dei cromosomi.
  • diagnosi di sindromi ereditarie con ritardo mentale.
  • mosaicismo o mosaico, cioè presenza nello stesso individuo di 2 o più linee cellulari originate dallo stesso zigote, con distinzione tra mosaicismo gonadico o mosaicismo della linea germinale se l'individuo presenta nella linea germinale o nel tessuto gonadico 2 popolazioni cellulari geneticamente diverse (46XX e 46XY), mosaicismo somatico se l'individuo presenta 2 o più linee cellulari diverse in due o più tessuti che differiscono geneticamente, e mosaicismo confinato alla placenta in caso di anomalia cromosomica presente sul trofoblasto e assente nel feto, utile per la diagnosi prenatale.
  • diagnosi di malattie cromosomiche, quali ad esempio la sindrome di Down, dovute ad anomalie cromosomiche fetali mediante lo studio degli amniociti presenti nel liquido amniotico prelevato con amniocentesi, o i villi coriali prelevati con villocentesi dalla placenta.

Il numero dei cromosomi presenti nel nucleo delle cellule eucariotiche prende il nome di ploidia, con distinzione tra:
  • diploidia: la maggior parte delle cellule somatiche sono diploidi perché presentano 2 copie di ogni cromosoma o coppie omologhe con numero di cromosomi pari a 46 o 2N derivanti dalle divisioni cellulari.
  • euploidia: cellule con numero di cromosomi pari a 46 o un multiplo di 46.
  • nulliploidia: le cellule differenziate prive di nucleo sono nulliploidi, come i globuli rossi, piastrine e cheratinociti.
  • poliploidia: cellule con corredo cromosomico pari a 3N (triploidi), 4N (tetraploidi), ecc., in seguito a fenomeni di duplicazione del DNA non seguiti da divisione cellulare (citodieresi), ad es. la ploidia degli epatociti varia da 2N a 8N, quella dei cardiomiociti da 4N a 8N, quella dei megacariociti giganti del midollo osseo da 16N a 64N da cui originano le piastrine nulliploidi. La poliploidia può derivare anche da fenomeni di fusioni cellulari come i sincizi tra le cellule muscolari.
  • aneuploidia: indica un individuo con un cromosoma in più (47) o in meno (45) che non sempre è indice di anomalia.
  • aploidia: le cellule sessuali, cioè gli spermatozoi (gameti M) e ovociti (gameti F) sono dette aploidi perché presentano un corredo cromosomico dimezzato N = 23 cromosomi grazie al processo della meiosi.

Per cui nell'uomo ogni gamete presenta 23 cromosomi, cioè 22 autosomi + 1 cromosoma sessuale o eterosoma: nell'ovocita il cromosoma sessuale è sempre X, mentre negli spermatozoi può essere X o Y. Dopo la fecondazione della cellula uovo da parte dello spermatozoo si forma lo zigote, cioè una cellula diploide (2N) formata da 46 cromosomi, cioè 22 coppie di autosomi + 1 cromosoma sessuale, per cui si ha un corredo cromosomico o cariotipo costituito da 46,XX nella femmina e 46,XY nel maschio. In pratica 22 autosomi e 1 cromosoma X sono ereditati al momento del concepimento con la cellula uovo, mentre gli altri 23 cromosomi sono trasmessi dallo spermatozoo che può portare un cromosoma sessuale X o Y. La probabilità di fecondazione è analoga per gli spermatozoi che portano il cromosoma X o Y, per cui il numero dei concepiti con sesso cromosomico maschile o femminile è sovrapponibile.

Bandeggio G

In genere, il bandeggio cromosomico avviene con la colorazione di Giemsa, per cui si parla di anche di bandeggio G, in cui il vetrino viene prima trattato con una soluzione salina o enzimatica, poi viene colorato con soluzione di Giemsa, determinando lungo l'asse principale dei cromosomi una sequenza di regioni a diversa intensità di colorazione, dette bande cromosomiche, caratteristiche di ogni cromosoma consentendo la loro classificazione secondo uno schema standardizzato in modo da definire il cariogramma di un individuo (ideogramma o cariotipo normale). In genere, si usano 3-5 cellule per l'analisi dei cromosomi al microscopio ottico e su fotografie: le bande riflettono il diverso grado di condensazione della cromatina. Per cui il bandeggio cromosomico avviene in due fasi:
  • denaturazione e/o digestione enzimatica dei cromosomi.
  • colorazione con coloranti specifici per il DNA che consente di individuare il braccio p e q dei cromosomi, le regioni e subregioni, cioè le bande e sottobande che riflettono il diverso grado di condensazione dei cromosomi mitotici, con alternanza tra una serie di bande chiare e scure formate da 1-10 Mb (Megabasi) distinte in bande G, Q, R, T e C, usando coloranti specifici per le regioni ricche in AT (adenina e timina) e GC (guanina e citosina).

Nel bandeggio G i cromosomi sono sottoposti a digestione enzimatica con tripsina che elimina le proteine cromosomiche e colorati con Giemsa che ha affinità per le regioni ricche in basi AT che sono facili da denaturare e digerire enzimaticamente perché le coppie AT sono unite solo da 2 legami H, sono costituite da cromatina molto condensata o eterocromatina costituite da pochi geni che si replicano nella fase S tardiva del ciclo cellulare, cioè dopo la fase S, poco attive dal punto di vista trascrizionale, per cui dopo colorazione Giemsa si osserva al microscopio un'alternanza tra le bande G-positive, scure, e le bande G-negative, chiare.

Bandeggio Q

Nel bandeggio Q i cromosomi sono sottoposti a digestione enzimatica e colorati con un colorante fluorescente, cioè la Quinacrina che ha affinità per le regioni ricche in basi AT ma mette in evidenza bande fluorescenti dette bande Q, corrispondenti a quelle G, e spesso consente di valutare la presenza di polimorfismo cioè una variazione di grandezza del braccio lungo del cromosoma Y, che si trasmette da padre a figlio, anche se non rappresenta una condizione patologica.

Bandeggio R

Nel bandeggio R i cromosomi sono denaturati ad alte temperature (60 °C) in una soluzione salina tamponata e colorati con Giemsa mettendo in evidenza regioni ricche in basi AT che sono complementari, opposte a quelle delle bande G e Q, infatti, la lettera "R" sta per "reverse", osservando al microscopio le bande R, chiare, dette G-negative, opposte alle bande scure G.
Invece, per mettere in evidenza le regioni cromosomiche ricche in basi GC si usa un colorante specifico, cioè la cromomiocina, mettendo in evidenza le bande R opposte alle bande Q, dette Q-negative. Le regioni ricche in GC sono più difficili da denaturare poiché le coppie di basi sono unite da 3 legami H, sono costituite da cromatina meno condensata o eucromatina, ricca di geni che si replicano nella fase S precoce del ciclo cellulare, cioè prima della fase S, molto attivi dal punto di vista trascrizionale, detti geni housekeeping importanti per tutte le funzioni e la vita della cellula.
Le bande T corrispondono alle regioni telomeriche localizzate alle estremità dei cromosomi, corrispondono a gruppi di bande R che si colorano più intensamente, trattando i cromosomi ad alte temperature e colorando con Giemsa o fluorocromi.

Bandeggio C

Le bande C si ottengono denaturando i cromosomi in soluzione satura di idrossido di bario e colorando con Giemsa, in modo da colorare selettivamente l'eterocromatina che si presenta monocromatica in tutti i cromosomi e in qualsiasi fase del ciclo cellulare, localizzata nelle regioni attorno al centromero o pericentromeriche e sul braccio lungo del cromosoma Y, ad alto grado di condensazione, costituite da sequenze di DNA altamente ripetute, ricche in basi AT, costituita da pochissimi geni codificanti che si replicano in fase S tardiva, mentre l'attività trascrizionale è assente. Le bande C corrispondono a eteromorfismi cromosomici.

Bande cromosomiche 

Il numero delle bande cromosomiche dipende dal grado di condensazione dei cromosomi e quindi dalla fase del ciclo cellulare, infatti, durante la metafase si osservano ~ 320 bande formate da 6.000-8.000 kb (chilobasi o migliaia di basi), mentre in profase e prometafase (inizio della metafase) il numero delle bande può triplicarsi sui cromosomi meno condensati, ottenendo dei preparati cromosomici ad alta risoluzione utili per evidenziare anomalie di struttura molto fini, non riconoscibili con le tecniche tradizionali, osservando bande piuttosto corte, pari a 800-1.000 kb, ottenute bloccando la divisione cellulare con metotrexate o timidina, introducendo successivamente nella coltura acido folico o deossicitidina che sbloccano le cellule in sincronia, procedendo nella mitosi. Giunti in prometafase si aggiunge la colchicina ad intervalli di tempo specifici, perché i cromosomi non sono completamente contratti e sono in grado di fornire un bandeggiamento più fine.
In condizioni patologiche bisogna specificare la presenza di un difetto di numero dei cromosomi e la presenza di anomalie strutturali a carico delle braccia, regioni o bande. Ad es. in una donna con sindrome di Down o Trisomia 21 si scrive 47,XX,+21 che indica la presenza di un cromosoma 21 in soprannumero, mentre la sigla 46,XY,del(1)(p32.2) indica una delezione o perdita (del) di una parte del braccio corto (p) del cromosoma 1 a livello della regione 3, nella banda 2, nella sottobanda 2, in un maschio (XY) a 46 cromosomi.

19 novembre 2012

COSA E' LA SACTOSALPINGE E COSA LA PROVOCA

di sunny1318


La sactosalpinge è una patologia caratterizzata dalla raccolta di liquido nella tuba, che dipende dall'occlusione degli osti tubarici, di solito in conseguenza di un'infiammazione. A causa di tale raccolta la tuba appare sovradistesa e con aspetto cistico. Il liquido può essere di vario tipologia:
liquido chiaro (idrosalpinge)
pus (piosalpinge)
sangue (ematosalpinge)
La sactosalpinge può essere acuta o cronica. Nel secondo caso può dare origine a delle aderenze che creano ostruzioni tubariche. La terapia dipende dalla gravità e può anche consistere nell'asportazione della tuba.

L'idrosalpinge è dovuta generalmente a occlusione o stenosi (restringimento) delle estremità tubariche. Può dipendere da infiammazioni di vario tipo (anche in conseguenza di infezioni), che possono portare appunto occlusione e quindi ristagno di liquidi.

La piosalpinge è un accumulo di pus nella cavità tubarica, conseguente a infiammazioni infettive originate da gonococchi o da bacilli della tubercolosi. Si manifesta con febbre, malessere e dolori alla fossa iliaca. La prima terapia da somministrare è di tipo antibiotico, per la rimozione dell'infezione.

La ematosalpinge si caratterizza per l'accumulo di sangue nella tuba e può dipendere da una gravidanza extrauterina (GEU) oppure dal fatto che il sangue mestruale non defluisce correttamente dalla cavità uterina oppure ancora da endometriosi. La terapia dipende dalla causa scatenante: per una GEU si dovrà procedere ad interrompere la gravidanza per evitare lo scoppio con conseguente emorragia ed anche nel caso di endometriosi può essere necessario intervenire chirurgicamente. In ogni caso, a volte occorre asportare la tuba interessata.

SINTOMI
i sintomi sono perdite (leucorrea che consiste nella fuoruscita di secrezioni biancastre più o meno abbondanti dalla vagina cosiddette perdite bianche),sanguinamento anomalo,febbre,leucocitosi, dolore forte ai quadranti inferiori dell'addome o anche della schiena.(ma può succedere che si senta dolore anche solo da una parte e non da entrambe) soprattutto in corrispondenza dell'ovulazione e del ciclo. In stadi avanzati può subentrare anche il vomito.

ESPERIENZA PERSONALE
Dopo 10 anni di pillola l'anno scorso la interrompo per disintossicarmi in previsione di una gravidanza.. Quindi riscopro il mio ciclo, la puntualità.. Ovulazione tb stick ecc... Sembrava tutto ok... Mi sono accorta di avere perdite bianche e a volte giallastre che si seccavano sugli slip ( scusate) con spotting ovulatorio anche di due/tre giorni... La mia gine mi diceva che era tutto ok... Passano i mesi faccio un pap test mi trovano la garderenella curata con antibiotici per una settimana... Poi sempre perdite.. Volevo rifare il tampone ma la mia gine mi dice che ero fissata che andava tutto bene.. Intanto avevo un dolorino sordo a sx in basso.. Avvertivo una specie di presenza.. Pensavo di ovulare sempre a sx.. Presso la gine che mi fa un'eco e mi trova un'ovaio ingrossato.. E poi me lo scambia per un rene in posizione pelvica.. Cambio gine e la sua ecografia mi trova una idrosalpinge cioè infezione alla tuba con liquido tossico... Adesso devo fare la laparoscopia per vedere bene la situazione ma dovrò togliere la tuba perché è grande 5 cm.... le mie perdite non erano di cattivo odore..

CURE
Avere la sactosalpinge bilaterale o monolaterale comporta la sterilità tubarica che non si cura e purtroppo non si risolve con antibiotici (a meno che non ci sia una infezione acuta in corso). In ogni caso il problema rimane dato che la idrosactosalpinge è una patologia cronica e le probabilità di rimanere incinte in maniera naturale diventano bassissime con una tuba sana e praticamente nulle se bilaterale. Il liquido infiammatorio contenuto nelle tube con sactosolpinge crea un ambiente tossico per la fecondazione e per l'impianto dell'embrione nell'utero. Inoltre con la sactosalpinge è notevolmente aumentato il rischio di una gravidanza tubarica, quindi aborto e gravi rischi di salute per la mamma. Con la sactosalpinge (o idrosactosalpinge) è molto bassa la percentuale di successo anche con le tecniche di fecondazione assistita, proprio per l'ambiente tossico dovuto alle perdite del liquido dalle tube nell'utero. E' sempre consigliabile eseguire l'asportazione delle sactosalpingi in laparoscopia e poi procedere con FIVET. Occorre non trascurare il tempo che passa, dato che per la laparoscopia e per la fivet occorre molto impegno di tempo e di pazienza. 

ESAMI DA FARE PER DIAGNOSTICARLA
tamponi vaginali e endocervicali se positivi bisogna controllare se eventuali infezioni possono aver provocato danni.
ecografia transvaginale da un bravo ecografista (si vede solo se la sactosalpinge è abbastanza grave)
ecografia 3d , puo vedere tutto l'apparato riproduttivo e vedere se ci sono sacche nelle tube
isterosalpingografia o sonoistero tramite con questo esame si puo vedere la pervietà delle tube ma sono sconsigliati in caso ci sia del liquido infetto nelle tube perchè potrebbero portare il liquido in altri posti dell'apparato riproduttivo
laparoscopia diagnostica è l'unico esame che può dare una risposta certa anche se è un intervento vero e proprio è l'unica cosa da fare in caso di salpingografia accertata anche perchè quasi sempre si formano aderenze e per toglierle è necessario l'intervento.

Io personalmente farò la Biopsia endometriale che è il prelievo di piccoli frammenti dalla parete interna dell'utero (cioè l'endometrio). Tali frammenti saranno analizzati al microscopio per vedere come sono organizzate e disposte tra loro le cellule (esame istologico). Perché si fa questo esame? Soprattutto per stabilire la causa di perdite di sangue anomale dalla vagina, ma anche in caso di mestruazioni troppo abbondanti, prolungate o irregolari e/o per indagare circa un eventuale cancro dell'utero allorché il pap-test (che è un esame delle cellule della vagina e dell'utero) ha fatto nascere il necessità. Può essere eseguito anche per stabilire le possibili cause della sterilità (analizzando le modificazioni cui va incontro il tessuto uterino sotto l'effetto degli ormoni) o per studiare alcune infezioni dell'utero o l'effetto sull'utero di alcuni farmaci.

CONCLUSIONI
purtroppo le infezioni all'apparato riproduttivo non sempre sono facili da identificare e batteri come la clamydia non danno sempre dei sintomi certi... l'unica cosa che si può fare è studiare il proprio corpo e cercare di capirne eventuali cambiamenti. Le perdite bianche ad esempio sono fisiologiche in alcuni momenti del ciclo ma non sempre sono normali, è bene fare un controllo con i tamponi vaginali e endocervicali (spesso di fanno solo i vaginali) almeno una volta l'anno per verificare che non ci siano infezioni. Perdite che si presentano quasi quotidianamente che si seccano e tendono al giallo sono un sintomo da verificare, cosi come lo spotting ovulatorio, è bene escludere tutte le cause prima di dire che è fisiologico!!!!

L'intera  discussione la trovate qui:
http://forum.alfemminile.com/forum/f110/__f110763_f110-gruppo-di-studio-infezione-alle-tube-saut.html#10r

ASSISTED HATCHING PER AIUTARE L'IMPIANTO

di carlotta625


In natura l'impianto embrionale si verifica nel momento in cui l'embrione giunto nell'utero si libera della sua membrana protettiva (sgusciamento) in modo da poter stabilire un intimo contatto con l'endometrio (la mucosa che riveste l'interno dell'utero).
E' stato riscontrato che per gli embrioni ottenuti in vitro, lo sgusciamento è più difficoltoso e a volte non riesce in tempo utile,causando il fallimento dell impianto.
Per aumentare quindi le probabilità di annidamento in pazienti con fallimenti precedenti di PMA ed età , può essere eseguito lo sgusciamento assistito o assisted hatching.
Prima di trasferire l'embrione nell'utero, mediante un fascio laser, assolutamente atraumatico, senza sviluppo di calore, si assottiglia o si fora la membrana esterna dell'embrione, in modo da favorirne poi l'attecchimento. Viene facilitato in questo modo un fenomeno comunque destinato a verificarsi naturalmente, ottenendo un miglioramento delle percentuali di gravidanza.

Trovate l'intera discussione qui:
http://forum.alfemminile.com/forum/f110/__f110719_f110-Assisted-hatching-per-aiutare-l-impianto-arrow.html#14r

EFFICACIA DI UN PROTOCOLLO DI STIMOLAZIONE OVARICA CON GnRH ANTAGONISTI ED LH-r IN PAZIENTI POOR RESPONDERS.


segnalato da carlotta625

La stimolazione con gonadotropine esogene, riveste un ruolo fondamentale nella buona riuscita di un ciclo di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA).
La scarsa risposta alla terapia rimane oggi uno dei problemi di più difficile soluzione nel campo della PMA ed inoltre sembra rappresentare un fattore prognostico sfavorevole per cicli successivi, riducendo in maniera significativa la probabilità di concepimento.
Descritta per la prima volta da Garcia et al. nel 1981, la poor response è stata studiata da diversi autori, ma molti aspetti rimangono ancora controversi.
La definizione di scarsa risposta ovarica è usualmente retrospettiva, sulla base dell'esito del ciclo precedente di PMA, anche se i criteri d'identificazione non sono uniformi.
La maggior parte degli Autori identifica le poor responders sulla base del numero dei follicoli preovulatori reclutati o sulla base del numero di ovociti prelevati.
Non esiste però un consenso sul numero soglia e la scelta è spesso arbitraria: per i follicoli la letteratura riporta valori da 2 a 5, per gli ovociti da 3 a 5. In alcuni casi il numero di ovociti prelevati è correlato all'età.
Alcuni Autori utilizzano invece altri criteri: i valori basali sierici di FSH, di Inibina B e AMH, il dosaggio totale di gonadotropine utilizzate, i livelli massimi di estradiolo.Altri Autori, infine, utilizzano criteri di inclusione più complessi, combinando tra loro più fattori.
Questa disomogeneità rende molto difficile comparare gli innumerevoli lavori pubblicati sull'argomento, soprattutto per quanto riguarda le strategie di stimolazione ovarica.

Esiste poi un gruppo diverso di pazienti che, sotto stimolazione convenzionale con analoghi del GnRH mostra risposte caratterizzate da una ridotta sensibilità all'FSH esogeno e necessita di elevati dosaggi di gonadotropine per portare a maturazione i follicoli reclutati.
Queste pazienti sono classificate come hyporesponders. In questi casi il tipo di risposta è più legato alluso dell'analogo (eccessiva soppressione) che non a problemi di reclutamento follicolare.

In una donna di età inferiore ai 35 anni, una scarsa risposta ovarica alla stimolazione con gonadotropine può rappresentare il primo segno clinico di un esaurimento follicolare, pur in presenza di cicli ovulatori (che possono rimanere tali per lungo tempo) e di un FSH normale. L'ovaio ha la capacità di mantenere una frequenza costante e regolare di ovulazioni spontanee anche quando la riserva follicolare è drasticamente ridotta, ma la stimolazione può evidenziare la reale età biologica dell'ovaio attraverso una scarsa risposta.
In questi casi vi può essere un alterazione dell'asse gonadotropo o di fattori intraovarici, quali dei recettori delle gonadotropine e/o una alterata espressione genica di fattori che controllano la maturazione dei follicoli.
Altre cause possono essere responsabili di una scarsa risposta ovarica: una precedente esposizione a stress chirurgico o infettivo così come alterazioni del flusso vascolare possono interferire con lo sviluppo dei follicoli preovulatori.
In letteratura non esista un approccio ideale al trattamento in queste pazienti.

Nelle poor-responders, il trend generale è di evitare di utilizzare protocolli di down-regulation (protocolli lunghi) data l oversuppression ovarica causata dai GnRH agonisti che si traduce in un prolungamento dei cicli, maggiori costi di trattamento senza miglioramento dei risultati.
I GnRH antagonisti, introdotti di recente nei trattamenti di PMA, sembrano superare questi svantaggi, evitando la soppressione ovarica nella fase follicolare precoce, che è il periodo critico per quelle pazienti con una ridotta riserva ovarica.

I GnRH analoghi (agonisti e antagonisti) sono usati rutinariamente per inibire il picco di LH nei cicli di stimolazione ovarica controllata (COS), riducendo il numero dei cicli cancellati ed aumentando la percentuale di gravidanza.
L'azione dei GnRH agonisti è caratterizzata da una serie di eventi farmacologici:
1) Iniziale fase di stimolazione (effetto flare-up) con rilascio ipofisario di FSH ed LH,
2) Successiva fase di desensibilizzazione, con una riduzione del numero dei recettori del GnRH sulla membrana cellulare (down-regolation),
3) blocco ipofisario reversibile.
Al contrario gli antagonisti del GnRH sono in grado di legarsi al recettore ma non di indurre la sua dimerizzazione; essi quindi riducono la secrezione di gonadotropine, occupando il recettore senza scatenare l'azione ormonale.

CONCLUSIONI
A tutt'oggi, il trattamento delle poor responders, continua ad essere frustrante ed una stimolazione ottimale, se esiste, rimane ancora sconosciuta forse anche perché poco si sa sui meccanismi che stanno alla base di questo fenomeno.
Le poor responders non solo presentano una ridotta percentuale di gravidanza, ma anche un ridotto indice di impianto rispetto alle normal responders (8% vs 24%) in quanto la scarsa risposta ovarica, influisce negativamente sulla qualità ovocitaria. Il risultato è una aumentata incidenza di embrioni monosomici e trisomici (4).
Da ciò si deduce che nelle pazienti poor-responders è importante ottimizzare la risposta ovarica con nuovi protocolli terapeutici.

Sono stati utilizzati trattamenti con gonadotropine esogene da sole e/o associate a clomifene citrato, protocolli di flare-up o cicli naturali, ma non è stato mai possibile stabilire se un trattamento dia migliori risultati rispetto agli altri.
Tutti i protocolli hanno presentato un alto indice di annullamento.
Con la commercializzazione degli antagonisti del GnRH numerosi sono stati gli studi dove è stata testata l'efficacia di questa classe di farmaci nei cicli di COS.
I principali vantaggi degli antagonisti del GnRH sono dovuti al blocco competitivo dei recettori pituitari del GnRH. Questo si traduce in una immediata soppressione dei livelli sierici dell LH e nell'assenza di effetto flare-up. Dal punto di vista clinico, nelle pazienti con scarsa risposta ovarica, abbiamo una riduzione dei giorni di stimolazione ovarica e del quantitativo di farmaco utilizzato.
Controverso rimane il giorno ottimale per iniziare i GnRH antagonisti.
Iniziare troppo presto è controproducente in quanto blocca l'attività dell'FSH endogeno, interferendo sul reclutamento follicolare; al contrario, iniziare troppo tardi potrebbe non inibire il picco dell'LH.
Secondo la nostra esperienza, nelle pazienti poor responders, il protocollo con gli antagonisti del GnRh, ha mostrato dei risultati migliori rispetto al classico protocollo lungo, riuscendo ad avere un maggiore numero di ovociti di buona qualità, una più alta percentuale di gravidanza e di indice di impianto.
Inoltre, vi è stata una riduzione sia della durata del trattamento che del consumo di FSH-r.
Rimane comunque ancora da valutare l'eventuale effetto dell'antagonista a livello endometriale, data l'alta incidenza di aborti precoci e di gravidanze tubariche; in uno studio multicentrico si è ottenuta una percentuale di gravidanza del 25%, di contro una percentuale di aborto del 14%.
Kolibianakis in una recente pubblicazione ha dimostrato che in tutti i cicli di COS con GnRH antagonisti vi era un avanzamento nella maturazione endometriale il giorno del pick up ovocitario. Condizione che era maggiormente influenzata in presenza di alti livelli di LH prima della stimolazione e dalla durata dei giorni di terapia con le gonadotropine prima della somministrazione dell'antagonista.
In conclusione, 26 anni dopo l'introduzione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, la valutazione e il trattamento delle pazienti poor-responders, rimane una sfida, con diverse scelte e modificazioni dei protocolli usati correntemente.
Visti i risultati ottenuti, ed in accordo con numerosi Autori, il protocollo a dosi multiple con gli antagonisti del GnRH, diventa un trattamento di scelta nelle pazienti con una scarsa risposta all'iperstimolazione ovarica controllata in corso di tecniche di fecondazione assistita.

A. Stanziano

Troverete la discussione originale qui:
http://forum.alfemminile.com/forum/f110/__f110724_f110-Gruppo-di-studio-poor-responders-x-chi-risponde-poco-male-alle-stimolazioni-arrow.html#8rù

18 novembre 2012

OVAIO POLICISTICO

di Alyssa552

Il termine ovaio policistico o micropolicistico è un termine improprio che fa pensare alla presenza di cisti nelle ovaie.

In realtà non si tratta in alcun modo di cisti ma il termine si riferisce all'aspetto, nell'esame ecografico, delle ovaie in cui si nota un notevole aumento di piccole cavità che altro non sono che follicoli immaturi che spesso restano di piccole dimensioni (dette appunto microcisti) senza che uno di essi si ingrandisca ed ovuli e gli altri degenerino come avviene normalmente.

La superficie esterna dell'ovaio, che in genere è ingrandito, risulta ispessita. L'anomalia della struttura dell'ovaio, è associata ad uno squilibrio ormonale che spesso provoca mancanza cronica di ovulazione con conseguente possibile infertilità, iperandrogenismo (aumento degli ormoni maschili) e squilibrio metabolico.

Stein e Leventhal nel 1935 hanno descritto per la prima volta una sindrome (una serie di disturbi), caratterizzata da ovaie micropolicistiche associate a disturbi del ciclo mestruale, irsutismo (abnorme distribuzione e crescita dei peli) ed obesità. Solo successivamente, però, sono stati individuati i meccanismi e le alterazioni che rendono la policistosi ovarica o sindrome di Stein-Leventhal od ovaio policistico, (PCO) una patologia molto più complessa di quella originariamente descritta.

La sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) è caratterizzata da un quadro ecografico di ovaie ingrandite e micropolicistiche ma anche da alterazioni endocrinologiche come disordini del ciclo mestruale, iperandrogenismo, obesità ed alterazioni metaboliche.

L'aspetto anatomico è il dato più frequente.

Le cisti non sono altro che i follicoli bloccati nel loro sviluppo ma che non sono andati incontro a degenerazione come avviene normalmente.

L'immagine ecografica della PCO è caratterizzata dalla presenza di piccoli follicoli della dimensione tra 2 e 8 mm. periferici, disposti nella parte più esterna dell'ovaio che vanno a costituire la caratteristica immagine a corona di rosario. Il riscontro ecografico di ovaio policistico non sempre si associa alla sintomatologia (sindrome dell'ovaio policistico).

Trovate la discussione intera qui:
http://forum.alfemminile.com/forum/f110/__f111152_f110-Gruppo-di-studio-ovaio-policistico.html#1r

Pma, altra sentenza contro la legge 40 "La diagnosi preimpianto è un diritto"


da Repubblica del 15 novembre 2012


Il tribunale di Cagliari ha autorizzato una coppia  portatrice di una grave malattia ereditaria ad eseguire il test presso un ospedale pubblico per evitare l'impianto di embrioni malati. Roccella: "Sentenza discriminatoria". Marino: "Legge 40 ascientifica, va riscritta".


ROMA - Per la prima volta dall'entrata in vigore della legge 40 nel 2004 sulla fecondazione assistita, un giudice ha riconosciuto il diritto di una coppia di poter fare la diagnosi preimpianto. Il Tribunale di Cagliari ha autorizzato una coppia, lei malata di talassemia major e lui portatore sano, di eseguire il test all'Ospedale Microcitemico di Cagliari. 

La donna - affetta da una malattia del sangue che porta a un difetto nella sintesi dell'emoglobina - aveva chiesto al centro ospedaliero di eseguire la diagnosi per evitare l'impianto di un embrione malato e si era rivolta alla Corte Costituzionale, che però non si era pronunciata. La sentenza, depositata questa mattina, supererebbe il problema di legittimità costituzionale perché propone una interpretazione della legge ispirata agli stessi principi costituzionali. Si tratterebbe quindi di una scelta interpretativa che esclude l'intervento della Corte Costituzionale.
 
La sentenza di Strasburgo. I giudici di Cagliari si sono dunque mossi sulla linea della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo che lo scorso giugno aveva accolto il ricorso presentato da una coppia italiana contro la legge 40 del 2004 sulla fecondazione assistita. La Corte di Strasburgo, dando ragione a una coppia italiana portatrice sana di fibrosi cistica, aveva bocciato l'impossibilità per la coppia (fertile) di accedere alla diagnosi preimpianto degli embrioni, sconfessando così la controversa legge italiana sulla procreazione assistita. Scatenando l'immediata reazione di Scienza e Vita e l'impegno del governo a presentare ricorso alla Corte europea, nonostante da più parti genitori singoli e gruppi di persone portatrici sane di malattie genetiche chiedessero al Governo italiano di recepire la sentenza e cogliere l'occasione per rivedere la legge 40, che impedisce alle coppie fertili di accedere alle tecniche di diagnosi preimpianto. In Italia, una breccia alla legge nella direzione indicata da Strasburgo era stata già aperta nel 2010 dal giudice Antonio Scarpa, del Tribunale di Salerno, che autorizzò la diagnosi genetica preimpianto per una coppia fertile ma portatrice di una grave malattia ereditaria, l'atrofia muscolare spinale di ripo 1. 
 
La sentenza di Cagliari, oggetto di una conferenza stampa organizzata oggi a Roma dall'associazione Luca Coscioni, va dunque "a correggere la situazione italiana - ha spiegato Filomena Gallo, segretario dell'associazione - in cui su 357 centri di Pma attivi, nessuno dei 76 pubblici offre la diagnosi preimpianto, nonostante con le linee guida Turco del 2008 sulla legge 40/2004 sia consentita. Non solo: non viene offerta la crioconservazione e si osserva ancora il limite dei 3 embrioni creati, anche se non è più obbligatorio dopo la sentenza della Consulta del 2009".

Le reazioni. Immediati i commenti alla sentenza del Tribunale sardo. Secondo Eugenia Roccella (Pdl), ex sottosegretario alla Salute e sostenitrice della legge 40, il Tribunale di Cagliari "ha sostanzialmente decretato che una persona affetta da talassemia ha meno diritto a nascere di una persona sana, affermando, così, non solo un chiaro presupposto eugenetico, ma anche un forte elemento di disuguaglianza tra i cittadini". Si tratta, afferma in una nota, di "un criterio ingiusto e pericoloso che tradirebbe anche il principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione". Sul fronte opposto, il senatore Pd Ignazio Marino insiste sull'inadeguatezza della normativa sulla fecondazione: "La sentenza di Cagliari è un altro passo per riconoscere l'impianto ideologico e incoerente di una legge sbagliata - afferma in una nota -.  Che la legge 40 fosse esclusivamente il frutto di una negoziazione avvenuta nel Parlamento italiano, è stato palese sin dalla sua approvazione. Un provvedimento che non ha tenuto conto nè delle conoscenze scientifiche, nè del calvario delle coppie che desiderano completare il loro progetto di famiglia, con la nascita di un figlio". "Auspico - conclude Marino- che il governo non presenti ricorso rispetto alla sentenza della Corte per i diritti dell'uomo di Strasburgo per difendere una legge ascientifica, peraltro in un momento storico in cui il presidente del Consiglio Mario Monti sta cercando di restituire all'Italia l'immagine di un Paese moderno e affidabile. Sarebbe un grave errore".

http://www.repubblica.it/cronaca/2012/11/15/news/procreazione_assistita_giudice_ordina_la_diagnosi_preimpanto-46712546/

E ora stop alla fuga delle coppie all'estero


da Repubblica del 2/04/09

ROMA - Per chi da anni lotta cercando un figlio, «non un bambino perfetto ma un piccolo che abbia la possibilità di vivere», ieri è stato il giorno della vittoria. «È stata ristabilita la dignità della donna e l' autonomia del medico», esulta Filomena Gallo di Amica Cicogna. Felicità e commozione, venate da un senso di incredulità. Troppo forte il timore che ancora non sia vero, che resti il limite dei tre embrioni, la condannaa non aver figli, lo strazio dei viaggi all' estero. Emozioni dense per una sentenza attesa per anni da migliaia di coppie, da donne sottoposte a continui bombardamenti ormonali - evitabili se fosse stato possibile produrre più embrioni e conservarli - costrette ad emigrare nonostante la bravura dei medici italiani «perché su tre embrioni la diagnosi preimpianto spesso non ha valore statistico. E ora siamo di nuovo un paese europeo. I pazienti smetteranno di subire una legge sadica, ingiusta e senza razionalità scientifica», sbotta il professor Guglielmino del centro Hera di Catania. «È una vittoria, una speranza concreta per quelli come noi che da anni cercano un figlio che abbia la possibilità di vivere», dicono Francesco e Grazia Gerardi, portatori di una malattia genetica, che hanno presentato ricorso contro la legge 40 e fatto diversi viaggi all' estero, diecimila euro alla volta «perché fatta su tre embrioni la diagnosi era inutile». E ancora sognano un bebè. «Mi viene da piangere dalla felicità per tutte le donne che ancora aspettano, io so cosa hanno sofferto», fa eco Sandra Scuderi, mamma dopo numerose trasferte. Come loro in tanti hanno chiamato ieri le associazioni Hera, Sos infertilità, Cittadinanza attiva, Madre Provetta e Amica cicogna che seguite da un pool di legali hanno presentato ricorsi su ricorsi, arrivando sino alla Corte Costituzionale per «dare giustizia», dice l' avvocato Maria Paola Costantini, che come gli altri lavora gratuitamente per queste coppie. «Mi sembra che i giudici abbiano capito che non erano giusti i rigidi protocolli della legge, hanno seguito le indicazioni delle sentenze in cui si invitavaa valutare caso per caso. Hanno compreso la sofferenza degli aspiranti genitori. Forse questo ridurrà il turismo procreativo». E che questa sentenza significhi uno stop delle trasferte lo conferma il professor Gianaroli, degli Studi di medicina della riproduzione, che parla addirittura di ventimila coppie in partenza ogni anno dall' Italia. «È il trionfo dello stato laico», commenta soddisfatto il professor Antinori, presidente della Warm, una delle associazioni che si sono costituite nel giudizio davanti alla Consulta. «Sono felice per le migliaia di coppie che con questa decisione potranno fecondare il numero di ovuli che il medico riterrà giusto, e di veder applicare la riproduzione assistita con una speranza di successo pari agli altri paesi del mondo, che invece la legge 40 aveva limitato».

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/04/02/ora-stop-alla-fuga-delle-coppie.html?ref=search

Legge 40, divieto fecondazione eterologa per il tribunale è incostituzionale

La prima sezione fiorentina solleva dubbi sulla norma che proibisce alle coppie sterili di usare ovuli da persone esterne. La questione torna alla Corte Costituzionale


La prima sezione del Tribunale civile di Firenze ha sollevato il dubbio di costituzionalità sulla norma della legge sulla fecondazione artificiale (legge 40) con la quale si vieta alle coppie sterili di accedere alla fecondazione eterologa, con ovuli o seme donati da persone esterne alla coppia.


Lo hanno reso noto gli avvocati Filomena Gallo e Gianni Baldini, che assistono i coniugi che hanno presentato la richiesta. L'uomo soffre di mancanza di spermatozoi causata da terapie fatte in adolescenza. Torna quindi alla Corte Costituzionale la legge 40 sulla fecondazione assistita.

Sempre da Firenze in passato sono state sollevate questioni di legittimità costituzionale che hanno dato ragione ai ricorrenti come per esempio il caso che riguarda la diagnosi pre impianto, cioè la possibilità, per i portatori di gravi malattie, di analizzare preventivamente gli embrioni prima dell'impianto.

Dunque questo è il secondo rinvio alla Consulta sulla legge 40, sempre del Tribunale di Firenze, che già due anni fa si rivolse ai giudici costituzionali i quali accolsero il rilievo eliminando l'obbligo di produzione di soli tre embrioni in ogni ciclo di fecondazione, l'obbligo del loro contemporaneo impianto, e annullando anche il divieto di congelamento degli embrioni in sovrannumero.

In questo caso invece, per la prima volta, un giudice ordinario ritiene costituzionalmente illegittimo il divieto di procreazione assistita di tipo eterologo, sospende il processo, e rimette gli atti alla Corte. La coppia, dopo essere stata in cura in Svizzera e in altri centri stranieri, senza alcun risultato, si è rivolta all'Associazione Luca Coscioni. Il loro obiettivo è quello di poter effettuare le cure in Italia.

"Il Giudice ha riconosciuto le istanze mosse dalla coppia dopo aver rilevato profili di manifesta irragionevolezza del divieto assoluto di eterologa per 'l'evidente sproporzione mezzi-fini" ha spiegato il professor Gianni Baldini, che insieme all'avvocato Filomena Gallo assiste i coniugi nel ricorso che ha portato il tribunale civile di Firenze a inviare la legge 40 alla Consulta.

"Siamo molto soddisfatti perchè il tribunale di Firenze ritiene - spiega nel dettaglio il professor Balgini - sulla base della pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo del 2010, che il divieto di fecondazione eterologa sia illegittimo per violazione del principio di uguaglianza, perchè comporta una discriminazione tra coppie sterili in maniera assoluta e in maniera relativa. E cioè: chi ha un problema di sterilità che è risolvibile rivolgendosi al medico può fare i figli, attraverso la fecondazione omologa; a chi inivece la medicina non può dare aiuto è preclusa la possibilità di utilizzare un donatore esterno. Così si mette in atto una discriminazione basata sulla gravità dell'infertilità della coppia. L'altro problema sollevato dal giudice fiorentino è che il divieto di eterologa rappresenta una introduzione ingiustificata dello Stato negli affari della famiglia".

La coppia aveva chiesto aiuto dopo aver appreso del caso dell'Austria che era stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo proprio relativamente al divieto di eterologa. "Abbiamo deciso di raccogliere questa sfida - spiega l'avvocato Gallo - nonostante fosse la più difficile tra tutte quelle necessarie a fa riscrivere la Legge 40 perchè ci sembrava che i tempi ormai fossero maturi e che si stesse creando una sensibilità finalmente europea a questo problema come dimostra anche il Nobel dato a Stoccolma ad Edwards che riconosce come questa medicina raccolga in realtà istanze e aspirazioni profondamente umane".

da REPUBBLICA del 6/10/2010
http://firenze.repubblica.it/cronaca/2010/10/06/news/legge_40_divieto_fecondazione_eterologa_per_il_tribunale_incostituzionale-7769898/

IMPORTANZA DEL PH VAGINALE

di soleblu74 


In pratica quello che manca a noi donne della PMA al momento di fare una Fivet o una ICSI è la fase di penetrazione... la natura però la sa lunga perchè prima dell'eiaculazione vera e propria l'uomo rilascia un liquido ("liquido di Cowper") che ha la funzione di neutralizzare l'acidità dell'urina maschile... ma non solo... questo liquido serve anche a rendere meno acido l'ambiente all'interno della nostra vagina in modo da consentire il successivo attecchimento...

Per questo motivo è importante conoscere bene il nostro corpo e sapere che se abbiamo un PH troppo acido al momento del transfert questo potrebbe ostacolare l'attecchimento...

          

Cerchiamo di capire meglio come funziona il PH vaginale:

Il mantenimento di un pH vaginale fisiologico (acido) rappresenta un importante fattore protettivo contro le infezioni batteriche dei genitali interni.

Nell'infanzia e nella vecchiaia, quando i livelli degli estrogeni sono bassi, il pH vaginale si attesta intorno alla neutralità (6-7). 

Nell'adolescenza e nell'età adulta, invece, l'ambiente diventa acido (intorno a 4,5), proteggendo la vagina dalle infezioni e favorendo la crescita dei lattobacilli di Doderlein, batteri simbionti che fermentano il glicogeno cellulare in acido lattico. Grazie a tale acidità, ad un meccanismo competitivo per i nutrienti e alle sostanze antibatteriche prodotte durante il loro metabolismo, i lattobacilli di Doderlein proteggono la donna dalle infezioni vaginali e vulvovaginali, impedendo la proliferazione di una vasta gamma di patogeni.

Il pH vaginale tende a spostarsi verso la neutralità - oltre che nell'infanzia e nella senescenza - anche durante il periodo mestruale e premestruale (prima dell'ovulazione, invece, è molto acido ed inizia ad alzarsi dopo la liberazione dell'ovulo dal follicolo). 

L'acidità vaginale, che abbiamo visto essere di ostacolo allo sviluppo di germi patogeni, è parimenti sfavorevole alla sopravvivenza degli spermatozoi; durante il periodo ovulatorio, invece, l'intervento del muco cervicale (il cui pH è intorno ad 8) contrasta tale acidità facilitando l'eventuale fecondazione. Il seme maschile, da parte sua, ha un pH leggermente alcalino (7.2 - 7.8) e tende a spostare il pH vaginale verso la neutralità (per questo, in presenza di episodi ricorrenti di vaginosi batterica, l'utilizzo del preservativo può essere d'aiuto anche quando il partner è perfettamente sano). Lo stesso discorso può essere fatto per le perdite ematiche durante il periodo mestruale (il sangue ha un pH compreso tra 7.34 e 7.45).


Tra le condizioni patologiche in grado di aumentare il pH vaginale un ruolo di primo piano è ricoperto dalle malattie sessualmente trasmissibili, ad esempio nei casi di tricomoniasi, candidosi e vaginosi batterica. Anche l'ipoestrogenismo (carenza di estrogeni) è correlato ad una diminuzione dell'acidità vaginale, condizione assolutamente fisiologica dopo la menopausa. 


Test del pH vaginale

Un semplice kit consente di rilevare in un istante il pH vaginale sia in ambito clinico che domestico (è sufficiente appoggiare per qualche secondo una cartina tornasole pulita alle pareti interne della vagina). Il ricorso a questo semplice esame può essere utile per stabilire se la presenza di sintomi molesti a livello vaginale (pruriti, bruciori, cattivo odore e perdite vaginali anomale) sia attribuibile o meno ad un'infezione. In ogni caso, il test del pH dev'essere necessariamente associato ad indagini più approfondite, come la coltura delle perdite vaginali, il loro esame microscopico, l'odore e la colorazione di Gram. 

L'utilizzo in ambito domestico deve quindi avere un fine puramente indicativo, perché - isolato dagli altri esami diagnostici - non fornisce alcuna certezza sulla presenza o meno di un infezione, né tanto meno sul tipo di microrganismo implicato; per questo non può in alcun modo giustificare il ricorso all'autoterapia. 



NOTE: dal momento che molti saponi hanno un valore di pH particolarmente elevato, la maggior parte dei ginecologi consiglia di utilizzare prodotti specifici per l'igiene intima od un sapone delicato.

Per non alterare l'acidità dell'ambiente vaginale è importante evitare l'utilizzo delle lavande; la vagina, infatti, è un organo che si pulisce da sè ed un normale lavaggio dei genitali esterni (vulva) con acqua tiepida e sapone delicato è più che sufficiente. Le sostanze disciolte nel liquido utilizzato per le irrigazioni possono infatti sconvolgere la microflora locale ed alzare il pH della vagina, favorendo l'attecchimento dei patogeni ed aumentando il rischio di severe infezioni (le conseguenze possono essere molto gravi, come la temutissima malattia infiammatoria pelvica).


Io personalmente consiglio di utilizzare un paio di gocce di TEA TREE OIL nell'acqua del bidè.
Che tra l'altro ha mille proprietà...
http://www.greenme.it/consumare/detergenza/7040-tea-tree-oil-usi


Per chi vuole approfondire sul PH:

http://www.alessandragraziottin.it/div_audio.php?ID=2706

La discussione intera la trovate qui:
http://forum.alfemminile.com/forum/f110/__f111142_f110-Gruppo-di-studio-il-ph-vaginale.html#11r